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Transizione energetica, fonti e riduzione emissioni di gas serra

Ruoli e criticità delle diverse fonti primarie nella transizione energetica

Sommario

In ambito europeo lo scorso 21 aprile è stato raggiunto l'accordo, tra il Parlamento e gli Stati membri, di riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, recepito nella Legge sul clima e quindi vincolante per i 27 stati, con l'obiettivo di raggiungere l'annullamento delle emissioni al 2050. La riduzione del 55 per cento entro il 2030 ci consentirebbe di rispettare gli obiettivi dell'Accordo di Parigi sul clima, mantenendo l'aumento della temperatura media terrestre al di sotto di 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, condizione ritenuta compatibile per la vita futura dell'umanità.

Il dibattito sul cambio climatico

Seppur la maggior parte del mondo scientifico ritenga che l'aumento di temperatura terrestre verificatasi con un trend molto intenso a partire dalla metà del secolo scorso dipenda dallo sfruttamento massivo delle fonti fossili, c'è una parte limitata che non condivide questa posizione, attribuendolo essenzialmente a effetti astronomici. Di fatto il clima ha sempre subito delle oscillazioni, mostrando una sua ciclicità naturale, caratterizzata dal passaggio periodico tra fasi glaciali e interglaciali. Le cause astronomiche di queste variazioni, sono rappresentate dalle oscillazioni dell'eccentricità dell'eclittica, dalla modifica dell'inclinazione dell'asse di rotazione terrestre e dalla precessione degli equinozi. Questi fenomeni provocano piccole variazione della distanza e della direzione dell'asse della terra rispetto al sole, con una conseguente modificazione dell'intensità della radiazione solare. Tuttavia la lentezza con cui avvengono certi fenomeni, dell'ordine delle decine di migliaia di anni, non può spiegare completamente la rapidità dell'incremento di temperatura registrata in termini molto più brevi.
Ci sono quindi buoni motivi per ipotizzare che la causa determinante di questo contingente cambiamento climatico derivi dalla intensificazione dell'effetto Serra legato all'aumento nell'atmosfera della concentrazione dei gas climalteranti, in primo luogo l'anidride carbonica, ma anche il metano e altri, che seppur caratterizzati da un effetto specifico notevolmente superiore all'anidride carbonica, hanno un effetto limitato a causa della loro bassa concentrazione. Tale aumento è imputabile essenzialmente alle emissioni antropiche di questi gas nell'atmosfera, in quanto nei processi naturali esiste un bilanciamento tra emissione e assorbimento dei flussi di carbonio. Dalla seconda metà dell'ottocento, con l'avvento dell'era industriale e l'utilizzo dei combustibili fossili, le emissioni sono iniziate a crescere, dapprima in maniera lenta per poi assumere un trend molto forte a partire dalla metà del secolo scorso, provocando una crescita rapida della concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera.
La temperatura media terrestre nello stesso intervallo temporale presenta un andamento corrispondente a quello delle emissioni, legato all'incremento della concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera, con un aumento, dal 1950 ad oggi, di circa un grado centigrado.
Sulla base del diagramma di figura 1, emerge che dal 1950 ad oggi sono state immesse nell'atmosfera a livello mondiale circa 1400 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, quindi per non superare il vincolo di un grado e mezzo di incremento di temperatura al 2050, non si deve immettere complessivamente più di 600 miliardi di tonnellate entro questa data [2]. È quindi necessario invertire la tendenza, cioè iniziare a ridurre le emissioni con un trend decrescente da oggi al 2050.
Le varie curve si riferiscono alle diverse date in cui si inizia il trend di decrescita. La cura tratteggiata rappresenta il caso in cui si accetta una emissione complessiva superiore di 800 miliardi di tonnellate, ma in tal caso, l'incremento di temperatura atteso sarebbe di due gradi centigradi. Bisogna quindi agire in fretta, in quanto il trend di decrescita necessario è tanto più alto quanto più si ritarda il picco di emissioni.
Un approccio possibile per raggiungere l'obiettivo è quello di agire su più fronti, cioè, oltre che ridurre la produzione di anidride carbonica dalle fonti fossili, procedere alla cattura e al suo confinamento ed eliminare le emissioni derivanti da un uso intensivo dei terreni basato sull'aratura profonda [3]. Un percorso di questo tipo è mostrato schematicamente in figura 5; praticamente il 12,5% viene ridotto, rimettendo nel sottosuolo una quota del carbonio liberato. Questo significa di poter contare a regime anche su una quantità limitata di fonti fossili e di coprire la restante quota con l'utilizzo di tecnologie "carbon free".
Al fine di valutare le prospettive delle diverse fonti nell'ambito della transizione energetica, occorre effettuare un confronto, seppur approssimativo a causa delle molteplici variabili in gioco, basato sugli aspetti ambientali, sociali, tecnici ed economici, connessi a ciascuna di esse.
Le analisi si riferiscono al settore elettrico che rappresenta ad oggi solo una parte dell'intero settore energetico. Tuttavia si ritiene che il settore elettrico diventi preponderante rispetto agli altri nella transizione energetica, in quanto l'elettricità può essere considerata il vettore base per raggiungere la decabonizzazione anche negli altri comparti energetici dal trasporto agli usi termici.
Infatti per quanto riguarda il trasporto l'azzeramento delle emissioni di gas Serra non potrà che avvenire attraverso l'impiego di sistemi elettrici con accumulo a batteria per il settore terrestre, mentre per il settore navale e quello aeronautico, che richiedono potenze molto più elevate, lo stesso obiettivo, si potrà raggiungere con l'utilizzo di combustibili di sintesi quali l'idrogeno e altri da esso derivati; e anche in questo caso la produzione di idrogeno passa attraverso l'uso dell'elettricità.
Per quanto riguarda gli usi termici su larga scala, soprattutto nel settore residenziale e terziario, le pompe di calore rappresentano la tecnologia più efficiente e pulita e anch'esse sono basate sull'utilizzo dell'elettricità.

Analisi delle diverse fonti e tecnologie dal punto di vista della sostenibilità ambientale e della sicurezza sociale

Per analizzare l'impatto delle diverse tecnologie energetiche sul cambio climatico occorre considerare la tipologia delle emissioni e la loro entità nelle fasi di costruzione, installazione ed esercizio. Valutazioni sintetiche da questo punto di vista sono disponibili nello studio sviluppato da Hannah Ritchie & Marc Roses sul sito OurWorldinData.org.
Le fonti fossili, che al momento coprono oltre l'ottanta per cento del fabbisogno energetico mondiale, in assenza di cattura e sequestro di anidride carbonica, risultano inapplicabili su larga scala per la transizione energetica, ma possono rappresentare una opzione per consentire una adeguata gestione della rete elettrica in condizioni di sicurezza e flessibilità.
Lo stesso documento sopra citato riporta dati relativi alla sicurezza sociale, in termini di mortalità, legata sia agli incidenti che alle emissioni nocive durante il loro funzionamento, espressi in numero di morti per terawattora. Anche da questo punto di vista le fonti fossili manifestano una elevata criticità rispetto alle altre, in particolare il carbone e il petrolio, che hanno subito negli anni notevoli incidenti, con significativi danni anche dal punto di vista ambientale, oltre al peso determinante delle emissioni nocive durante l'esercizio. La fonte nucleare, pur considerando i gravi incidenti avvenuti come Chernobyl e Fukushima, risulta più sicura in termini di numero di morti, allineata con le fonti rinnovabili.

Conclusioni

Rispetto allo scenario precedentemente previsto, le opzioni tecnologiche si conservano, con un maggior contributo delle bioenergie e una nuova entrata in gioco dell'idrogeno, che per alcuni anni era uscito un po' dalla rosa delle opzioni previste. Il limite di 1,5 °C richiederà di rivedere lo scenario, mantenendo tuttavia le opzioni attuali, seppur ritarandole in termini quantitativi per raggiungere al 2050 l'azzeramento delle emissioni, obiettivo che, guardando i risultati raggiunti fino ad oggi, appare come una sfida veramente ardua.

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