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Mobilità sostenibile e auto elettrica

La sfida della mobilità sostenibile

Sommario

Seconda parte della cronaca di un momento divulgativo, organizzato dall'Accademia Pugliese delle Scienze, sugli argomenti della mobilità sostenibile. Alcuni dei temi sono importanti per costituire opinione e determinare riflessioni e quindi vengono proposti in numeri separati della Termotecnica, con l'obbiettivo di far emergere le criticità ostative al raggiungimento immediato di una mobilità sostenibile e, nel contempo, proporre alcune possibili soluzioni per un adeguato e rapido processo di transizione.

Cronaca della giornata di studio organizzata all'Accademia Pugliese delle Scienze - Seconda parte

Obiettivo prioritario, nel breve e nel lungo termine è sicuramente quello di ridurre l'impatto ambientale legato alla mobilità e poter salvaguardare il pianeta dalle minacce dei cambiamenti climatici. In questo scenario, sebbene storicamente il settore dei trasporti sia stato dominato di fatto da un'unica tecnologia propulsiva identificabile nel motore a combustione interna alimentato con combustibili di natura fossile, è evidente che il sistema evolva e promuova un mix tecnologico, in cui compaiono soluzioni BEV (veicoli a batteria), PHEV (ibridi plug in) e veicoli a celle a combustibile con idrogeno (FCEV). L'auspicio è che l'evoluzione dei sistemi energetici rinnovabili e dei trasporti green comporti una rimodulazione o anche una redistribuzione degli impatti ambientali generati su tutte le fasi del ciclo di vita dei dispositivi. Nel precedente numero della rivista si è proposta una memoria dal titolo "Keeping the fire burning - esiste il futuro dei motori a combu stione interna?" di Elia Distaso, ricercatore del settore ing-ind/08 del Politecnico di Bari. Nell'attuale numero si propone un ulteriore pezzo di informazione a completamento dei ragionamenti già proposti, con una memoria in continuità dal titolo provocatorio "Mobilità elettrica: panacea o placebo?", sempre proposta dall'ing. Elia Distaso.

Elettrico: panacea o placebo?

Introduzione
Il processo di elettrificazione del settore dei trasporti è attualmente pre sentato come l'unico "ovvio" rimedio al problema delle emissioni inqui nanti emesse dai veicoli che usiamo per muoverci, ma potrebbe presto doversi scontrare con alcuni "desiderati" difficili da soddisfare poi nei fatti. Esistono contesti in cui l'elettricità è di certo ormai rimedio "ovvio" e "desiderato" al contempo. È davvero impossibile, ad esempio, imma ginare oggi una qualsiasi apparecchiatura elettronica alimentata da un vettore energetico diverso dalla corrente elettrica. Riuscireste, ad esempio, ad immaginare di dovere fare il pieno di benzina al vostro smartphone, invece di ricaricarlo attaccandolo alla presa elettrica a fine giornata? Riuscireste ad immaginare un frullatore le cui fruste siano mosse da un motore a scoppio, messo in moto come se fosse una motosega? Riuscireste ad immaginare, al lavoro, di dover ricorrere ad una piccola centrale a vapore per alimentare intere postazioni? O, ancora, di dover chiamare un meccanico per fare il rabbocco dell'olio al motore della fotocopiatrice oltre che quello dell'inchiostro del toner? Tali situazioni appaiono talmente surreali che il solo immaginarle provoca un sorriso. In tali contesti, non vediamo altre possibili soluzioni se non quella "ovvia" fornita dall'elettrici tà. Vale, però, lo stesso discorso per il mondo dell'auto e dei trasporti più in generale? La risposta potrebbe non essere così ovvia. In questo scritto si cerca di analizzare gli aspetti che limitano l'attuale tecnologia legata al mondo dell'auto elettrica, insieme alle principali criticità che si celano dietro la produzione del vettore energetico che serve per farle muovere, ovvero la corrente elettrica.

Non un rimedio per "tutti"
Volendo far riferimento alla realtà industriale più avanzata nella produ zione di auto elettriche, non si può non considerare il progetto Tesla tra i più promettenti. Prendendo come esempio una "Model S Long Range" che monta una batteria da 100 kWh e potendo contare su una colonnina di ricarica veloce di ultima generazione - i cosiddetti Tesla Supercherger - con una potenza di 250 kW, teoricamente saremmo in gra che salirebbe a 13.5 ore nel caso si avesse a disposizione una potenza di 7.4 kW. È impensabile una ricarica sfruttando i 3 kW comunemente a disposizione di un'abitazione in Italia, in quanto sarebbe necessario un giorno e mezzo per ricaricarla. Se si rinuncia, però, a qualche km di autonomia, mettendo in conto di sfrut tare tutta la notte per la ricarica, si potrebbe anche ripiegare su scelte più economiche (la cifra per l'acquisto di una Tesla non è proprio alla portata di tutti) nonostante le limitazioni sulla potenza disponibile per la ricarica privata. Rivedendo magari la maniera con cui si è abituati ad organizzare i propri viaggi, insieme alla speranza che presto le infrastrutture evolve ranno parallelamente, si può pensare di rimanere ottimisti. Tuttavia, i dati mostrati suggeriscono come il segmento in cui l'elettrificazione sembra poter più probabilmente prendere piede e portare i maggiori benefici sia quello urbano delle city-car, di quelle auto (e quindi di quelle batterie) di piccole dimensioni, il cui tempo di utilizzazione giornaliero (necessario a percorrere brevi tratti cittadini) rimane significativamente inferiore al tempo a disposizione per la loro carica. In tali contesti, gli utenti saranno liberi dalla sindrome da "range anxiety", il timore di rimanere con la batteria completamente scarica nel bel mezzo di un viaggio o di non avere tempo a sufficienza per ricaricarla, fattori che limitano fortemente la competitività sul mercato dell'auto elettrica. Quando alziamo il tiro, la questione si complica e l'iniziale moto di otti mismo tende ad essere smorzato. Per il trasporto commerciale su gomma, una completa elettrificazione non è una soluzione così pratica ed a portata di mano e, anzi, allo stato attuale, potrebbe risultare addirittura non pro prio desiderabile. Il passaggio al full-electric, al momento, comporterebbe una netta riduzione della capacità di trasportare beni, con un aumento contemporaneo dei costi. La durata dei viaggi dei mezzi pesanti per il trasporto di merci è oggi essenzialmente limitata dal guidatore ovvero dal numero di ore consecutive che un autotrasportatore può passare al volante del suo mezzo. Un moderno camion Diesel può vantare un'autonomia che sfiora i 2000 km [1], il che equivarrebbe ad una giornata intera di guida continua ad una velocità di 80 km/h. Un pacco batterie che possa assicurare solo la metà di questa autonomia richiederebbe una capacità di almeno 1100 kWh [2] ed avrebbe un peso che supererebbe di quattro volte quello di un tipico motore Diesel destinato a tale applicazione, senza considerare il fatto che richiederebbe, nel migliore possibile dei casi, più di 5 ore per una ricarica [1] e verrebbe a costare più del camion stesso [3]. Ci sono settori del mondo dei trasporti che è difficile considerare in questa rincorsa all'elettrificazione e che sembra dipenderanno ancora a lungo dall'impego dei combustibili fossili. Consideriamo, ad esempio un aereo che vola su tratte medio-brevi. Se dovessimo pensare di immagazzinare all'interno di una batteria l'energia contenuta all'interno del carburante liquido imbarcato per permettergli di completare il suo viaggio, avremmo bisogno di una batteria il cui peso supererebbe di una ventina di volte il peso massimo di decollo [4]. Altro esempio viene dal trasporto marittimo. Le grandi navi per il trasporto di containers necessiterebbero di pacchi batteria che supererebbero di diverse volte la soglia di galleggiamento della nave stessa (senza contare i containers) [3]. Quindi, al momento, la soluzione elettrica è qualcosa che sembrerebbe applicabile al solo settore delle cosiddette "light-duty car" che, tuttavia, utilizzano solo il 45% dell'e nergia che globalmente interessa il settore dei trasporti [4]. Qualcuno dice di confidare ciecamente nella rapidità dell'evoluzione tecnologica, invocando a supporto di tale speranza la ben nota "legge di Moore". Gordon Moore è stato uno dei fondatori della celeberrima multi nazionale produttrice di microprocessori, Intel e fu tra i primi a far notare che la potenza di calcolo dei processori crescesse esponenzialmente di anno in anno e che le relative dimensioni diminuissero al contempo. Egli arrivò a concludere che la potenza di calcolo potesse raddoppiare ogni 2 anni e di pari passo la loro dimensione dimezzarsi. Questo numero è stato poi ritoccato addirittura al ribasso, man mano che i dati a disposizione per l'analisi aumentavano, avendo assodato che tale intervallo in realtà si aggira intorno ai 18 mesi. I calcolatori, in un tempo relativamente breve, sono passati da occupare intere stanze a stare comodamente in una borsa o in una tasca. Anche la capacità di immagazzinare dati è andata in una direzione analoga. La Figura 1 riporta la fotografia di un hard disk da 250 MB costruito nel 1979. Ora abbiamo sistemi in grado di consentirci di tenere decine di terabyte sul palmo di una mano. Tuttavia, questa legge non può essere presa a prestito dal mondo dei processori ed applicata a quello delle batterie. Al di fuori del mondo dei microchip l'aumento di performance non è del 100% ogni 18 mesi, ma si stima mediamente un 2-3% all'anno. Se questa legge fosse stata valida, oggi per fare un viaggio intercontinentale tra America ed Asia, la batteria avrebbe avuto la dimensione di un libro e un costo di soli 3 centesimi. Sarebbe fantastico, ma purtroppo non è così. L'unica maniera allora per aumentare le performance è cambiare la chimica delle batterie. A ben guardare, però, la rivoluzione già c'è stata ed è rappresentata dalle batterie agli ioni di litio, i cui inventori, John B. Goodenough, M. Stanley Whittingham e Akira Yoshino sono stati insigniti nel 2019 del Premio Nobel per la chimica per le loro ricerche iniziate, in successione, già a partire dagli anni 70. Gli sforzi profusi nel migliorare la tecnologia sono già enormi ed in campo da diversi anni.

La corsa all'elettrico: non il primo tentativo

Si capisce allora perché questo momento dell'auto elettrica non rap presenti il primo tentativo, ma solo l'ultimo di una lunga serie. Ciò che potrebbe destare meraviglia è scoprire che una delle prime auto è stata elettrica. All'inizio le auto elettriche occupavano, anzi, una grande fetta del mercato dell'auto. Una delle prime idee di muovere una carrozza senza l'uso di cavalli fu mediante l'utilizzo di un motore elettrico. L'auto elettrica era molto popolare nei primi anni del '900 e conobbe la sua epoca d'oro intorno agli anni '20 di quel secolo. Il manifesto pubblicitario mostrato in Figura 2 (a) ci permette di immaginare la percezione che si aveva delle auto elettriche agli albori dell'era della mobilità sostenibile: veloce, silenziosa, sicura e alla moda. Senza concorrenti, in pratica. Esse si dividevano il mercato con quelle mosse dal vapore, tecnologia ben nota e sperimentata all'epoca, se pensiamo che il mondo dei trasporti vide la sua prima rivoluzione grazie ai sistemi basati sulla generazione del vapore. Tuttavia, l'utilizzo del vapore era poco pratico, considerando, tra gli altri aspetti, che questa tipologia di auto richiedeva tempi lunghi di avvio e, pertanto, le auto elettriche riuscivano ad aderire più efficacemente a quello che era il "desiderato" dell'epoca. Poi si affacciarono sul mercato le auto alimentate a benzina. I primi esemplari, tuttavia, richiedevano una manualità maggiore sia nella guida che nella loro manutenzione. Bisognava, ad esempio, avere dimestichezza con le operazioni necessarie ad avviare il motore a scoppio ed essere pratici dell'utilizzo del cambio. Fare benzina, a quel tempo, era poi complicato, vista l'assenza di un'infrastruttura dedicata alla distribuzione dei derivati liquidi del petrolio. La benzina bisognava comprarla dal farmacista [5]. Le auto elettriche erano silenziose, facili da avviare e da guidare e non emettevano vapori o fumi maleodoranti ed inquinanti oltre a non avere sotto il sedile qualcosa che potesse esplodere da un momento all'altro. Sempre più persone avevano accesso all'elettricità negli anni '10 e, rica ricare un'auto elettrica dell'energia necessaria a muoversi a quella che potevano essere la velocità e lo spazio desiderati all'epoca era divenuta cosa abbastanza agevole. Una delle prime auto costruite da Ferdinand Porche, nome che non ha bisogno di presentazioni, è stata un'auto elettrica: la P1, nel 1898. Tra quei primi suoi prototipi vi è anche quella che può considerarsi una delle prime auto elettriche ibride della storia. Un altro tra i più prolifici inventori della storia, Thomas Edison, era convinto della superiorità dei veicoli a batteria. Possiamo quindi immaginare che, forse, tra le prime idee che passarono per la mente di Henry Ford, amico di Edison, quando fondò la sua Ford Motor Co. nel 1903, vi sia stata quella di inserire un motore elettrico nella sua catena di montaggio. Tuttavia, egli fu abile nel leggere quelli che sarebbero stati i desideri di chi si accingeva a viaggiare su un'auto propria, così, nel 1908, decise di metterci un motore a combustione nella sua "model T" e la storia prese la piega che conosciamo. Le auto a benzina divennero più economiche e l'introduzione del motorino di avviamento, attribuita a Charles F. Kettering ed avvenuta intorno al 1912, le rese molto competitive. In quegli anni, la costruzione delle strade avanzava velocemente e la gente scoprì l'esigenza di volersi spostare sempre di più, percorrendo spazi sempre più grandi in tempi sempre più brevi. Nel mentre, si scoprivano sempre nuovi giacimenti petroliferi. La facilità con la quale diveniva possibile rifornire rapidamente e a costi ridotti un'auto a benzina, unita al fatto che questa avrebbe poi garantito di spostarsi con maggior rapidità e per tratti più lunghi rispetto alla controparte elettrica, sancì il rapido declino di quest'ultima tecnologia. Le campagne pubblicitarie dedicate all'elettrico attuarono poi strategie opinabili - che oggi definiremmo vere e proprie discriminazioni di ge nere - incentrate sulle donne di alto rango sociale che, si leggeva nelle locandine (Figura 2b) avrebbero trovato l'auto elettrica un "comodo salottino facile da guidare in cui non si incorreva nel rischio di sporcare i propri vestiti eleganti". Le auto a benzina, invece, erano descritte come potenti e virili. Ciò contribuì a far sorgere quell'aura di diffidenza con cui si guarderà all'auto elettrica nelle stagioni che verranno, soprattutto da parte del mondo maschile. Per la fine del 1935 le auto elettriche erano praticamente sparite del tutto dalla circolazione e finirono nel dimenticatoio per una quarantina d'anni.

Conclusioni

Il Premio Nobel per la letteratura, George Bernard Shaw una volta ha detto:

"La Scienza è sempre in torto. Non risolve mai un problema senza crearne altri dieci."

Con la sua consueta vena satirica, lo scrittore irlandese si burlava dell'a bitudine, propria di molti, di semplificare i problemi, immaginando solu zioni semplici ed immediate a problemi ampi e complessi. Per quanto ci si sforzi, non si troveranno mai soluzioni prive di effetti indesiderati. Serve una consapevolezza ad ampio raggio e, soprattutto, un piano, affinché non ci si ustioni con il fuoco stesso della scoperta. Si può demonizzare la fonte quanto si vuole, quel che serve sono delle "istruzioni per l'uso". La soluzione basata sull'elettrificazione del mondo dei trasporti non arriva senza la sua buona dose di effetti indesiderati e di limitazioni con cui avere a che fare e convivere. Si ritiene improbabile che la rivoluzione dell'elettrico porti ad abbandonare nel breve termine l'utilizzo dei motori a combustione interna. La vera rivoluzione del mondo dei trasporti, almeno per quella parte dedicata alla movimentazione di persone, si avrà quando si comincerà a ripensare all'intero concetto di mobilità. Quando, cioè, tale concetto sarà traslato dal "bene" per muoversi al "servizio" per muoversi. Ciò porterà davvero ad un drastico cambiamento dell'organizzazione della maniera di intendere il trasporto, perché saranno cambiati i "desideri" di chi si muove. Nel 2007, il mondo della telefonia è stato stravolto dall'ingresso di un dispositivo che ha cambiato completamente il modo di intendere ciò che si poteva fare con un telefono e non già perché offriva un modo diverso di fare le stesse cose a cui si era ormai abituati.

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