Dopo essere stato protagonista di ondate cicliche di grande entusiasmo e profondo scetticismo, l'idrogeno si sta sempre più affermando come un possibile elemento chiave per la decarbonizzazione nelle strategie per la transizione energetica di numerosi paesi e della Commissione Europea. Tra queste vanno certamente ricordate Mission Innovation, challenge #8, Clean and Renewable Hydrogen, che, attraverso la collaborazione e il coordinamento internazionale, ha l'obiettivo di accelerare lo sviluppo di un mercato globale dell'idrogeno, e, a livello europeo, l'iniziativa IPCEI (Important Projects of Common European Interest) sulle Tecnologie e Sistemi ad Idrogeno.
L'attenzione verso l'idrogeno come vettore energetico attua a favore la transizione energetica è da sempre dovuta ad alcune sue interessanti caratteristiche: è leggero, più facilmente immagazzinabile a lungo termine rispetto all'energia elettrica, reattivo, ad alto contenuto di energia per unità di massa e può essere facilmente prodotto su scala industriale. Un altro aspetto fondamentale, è sicuramente la possibilità di utilizzare l'idrogeno per produrre energia "pulita". Infatti, la combustione dell'idrogeno non è associata alla produzione di anidride carbonica (CO2) e non comporta quindi emissioni climalteranti dirette; inoltre, la conversione dell'idrogeno in energia può essere condotta per via elettrochimica in celle a combustibile, con efficienze complessive superiori a quelle della combustione termica e senza l'emissione di ossidi di azoto. Infine, l'idrogeno può essere ottenuto da una gamma ampiamente diversificata di fonti di energia rinnovabile, potendo così supportare lo sviluppo di sistemi energetici resilienti. Tuttavia, solo il cosiddetto idrogeno "verde", ovvero prodotto da fonti rinnovabili senza emissioni climalteranti, potrà ricoprire questo ruolo di primo piano. Infatti, l'idrogeno prodotto dal reforming del gas naturale ("grigio"), dalla gasificazione del carbone ("nero") e della lignite ("marrone"), che costituisce oggi complessivamente circa il 99% dell'idrogeno prodotto a livello mondiale, è associato ad ingenti emissioni di anidride carbonica. Risulta quindi evidente che i processi produttivi convenzionali basati sull'uso di materie prime e combustibili fossili dovranno essere progressivamente dismessi, lasciando il posto a nuovi processi basati sull'uso di fonti rinnovabili. Fino al raggiungimento di questo obiettivo, fissato dall'Unione Europea al 2050, l'idrogeno "blu", ovvero prodotto con processi convenzionali accoppiati a sistemi di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica, contribuirà a soddi sfare l'incremento della domanda di idrogeno senza impatti sul clima, favorendo al contempo lo sviluppo delle infrastrutture necessarie per l'ingresso dell'idrogeno verde nei sistemi energetici. L'idrogeno non è una fonte di energia, ma un vettore energetico, e come tale, per le sue caratteristiche, ha un ruolo chiave nella de-carbonizza zione dei diversi settori, energetico, industriale e della mobilità. Infatti, se prodotto tramite elettrolisi, da fonti di energia rinnovabile, l'idrogeno "verde" è un vettore di energia intrinsecamente pulito ed è oggi considerato uno dei degli attori chiave per la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio. Inoltre, proprio perché prodotto attraverso l'utilizzo di energia elettrica, rinnovabile, favorisce l'integrazione delle reti di trasmissione di elettricità e gas. In tal modo, ossia attraverso l'uso dell'idrogeno così prodotto, sarà possibile de-carbonizzare anche quelle parti dell'economia che non possono essere facilmente o direttamente elettrificate, come ad esempio l'industria pesante, l'aviazione, il trasporto su strada o marittimo a grandi distanze. L'idrogeno verde può essere utilizzato tal quale, in miscela H2-CH4, o trasformato in CH4 sintetico attraverso un processo di metanazione della CO2. Oltre agli usi energetici, l'idrogeno verde può contribuire alla decarbonizzazione dei processi industriali venendo utilizzato come materia prima o fluido di processo. Ad esempio, l'idrogeno verde può essere utilizzato al posto del carbon coke come agente riducente nella produzione dell'acciaio, consentendo di soddisfare la crescente domanda di acciaio con minori emissioni di anidride carbonica. Il gas naturale è attualmente la fonte primaria di idrogeno e rappresenta circa tre quarti della produzione annuale globale dedicata all'idrogeno con circa 70 milioni di tonnellate di idrogeno prodotto, utilizzando circa 205 miliardi di metri cubi di gas naturale (6% del consumo globale di gas naturale). Il carbone viene dopo, per il suo ruolo dominante in Cina e rappresenta circa il 23% della produzione globale di idrogeno utilizzando 107 Mt di carbone (2% del consumo globale di carbone). Il petrolio e l'elettricità rappresentano il restante produzione. La dipendenza dal gas naturale e dal carbone si traduce in emissioni di CO2: 10 tonnellate di anidride carbonica per tonnellata di idrogeno (tCO2/tH2) da gas naturale, 12 tCO2/tH2 da prodotti petroliferi e 19 tCO2/tH2 da carbone. Ciononostante, la produzione di idrogeno da processi di reforming non sarà rapidamente e completamente sostituita dall'idrogeno verde, per gli elevati costi - oggi produrre H2 da elettrolisi dell'acqua costa ancora almeno il doppio di produrre H2 da metano [in fig. 1 è riprodotto il grafico elaborato da SNAM, inserito in un position paper del 2019, relativo all'evoluzione dei costi dell'idrogeno verde e dell'idrogeno grigio] - ma anche perché la previsione al 2050 è di un mix energetico costituito ancora per il 75% circa da metano, con importazioni importanti di gas naturale dalla Russia e dalla Libia. È qui che entrerà in gioco progressivamente l'idrogeno blu, prodotto dagli stessi processi di reforming, integrati con sistemi di cattura e sequestro della CO2 generata durante il processo stesso.
Ad oggi, il processo più consolidato e tecnologicamente maturo per produrre idrogeno verde è l'elettrolisi dell'acqua alimentata con elettricità prodotta da tecnologie rinnovabili elettriche quali eolico e foto voltaico. La principale strategia di integrazione consiste nella connessione dell'elettrolizzatore ad una rete con elevata quota di rinnovabili, considerando in particolare la possibilità di utilizzare la produzione di idrogeno come mezzo di bilanciamento della rete: ciò consente di favorire la penetrazione delle stesse fonti rinnovabili non programmabili nel sistema energetico. L'accoppiamento off-grid con la fonte rinnovabile risulta ad oggi meno conveniente e più difficile da gestire, anche se comunque rilevante. A fianco dei più maturi elettrolizzatori alcalini, sono oggi disponibili sul mercato elettrolizzatori PEM, caratterizzati da una maggiore flessibilità, a fronte di una minore efficienza. Nonostante l'adeguata maturità degli elettrolizzatori per le applicazioni industriali, quella relativa alle applicazioni energetiche è inferiore e c'è ancora spazio per il miglioramento di costi di investimento, efficienza e vita utile; in particolare, la performance in regime dinamico e la resistenza a frequenti cicli avvio-arresto devono essere migliorati per l'uso in questo nuovo campo. Inoltre, la possibilità di raggiungere elevate pressioni operative porterebbe altri importanti vantaggi energetici ed economici. Tutte queste sfide possono essere raccolte dagli elettrolizzatori alcalini con membrana a scambio anionico (AEM), attualmente in fase di sviluppo. Un altro fronte di innovazione in questo ambito riguarda l'elettrolisi del vapore ad alta temperatura, potenzialmente più efficiente dal punto di vista exergetico, ossia che può utilizzare energia "meno pregiata", rispetto all'elettrolisi dell'acqua, perché permette di sostituire una parte dell'elettricità necessaria per il processo con calore a bassa temperatura. Le celle elettrolitiche ad ossidi solidi, operanti a tempera ture superiori ai 700°C, sono oggi i sistemi di elettrolisi del vapore più maturi dal punto di vista tecnologico; più recentemente, sono stati considerati sistemi di elettrolisi del vapore a carbonati fusi, caratterizzati da temperature operative più basse (<650°C), con potenziali vantaggi in termini di sicurezza e gestibilità dell'impianto. Oltre all'elettrolisi, la ricerca internazionale sta esplorando nuove strade per la produzione di idrogeno verde, basate sull'uso di fonti rinnovabili diverse come le biomasse o il calore solare, in modo da sfruttare appieno la flessibilità del vettore idrogeno rispetto al mix energetico ed al contesto produttivo locale. Ad esempio, il calore rinnovabile ad alta temperatura ottenuto in impianti solari a concentrazione può essere utilizzato per alimentare cicli termochimici di water splitting (ovvero scissione della molecola di acqua in idrogeno ed ossigeno). Sempre nell'ambito dei processi termochimici, è possibile adattare i processi di produzione di idrogeno convenzionali basati sulla trasformazione di fonti carboniose (ad es. lo steam reforming) all'alimentazione con energia e materie prime rinnovabili quali biogas o biometano. Quest'ul timo approccio, che presuppone un cambiamento meno radicale nei sistemi produttivi rispetto agli altri considerati, potrebbe essere accolto con maggior favore dall'industria nel breve periodo, consentendo di valorizzare almeno parzialmente know-how e asset già disponibili.
ENEA ha raccolto la sfida dell'idrogeno verde ed è in prima fila per lo sviluppo di processi di produzione innovativi pienamente sostenibili basati su molte delle principali tecnologie sopra elencate. In particola re, nell'ambito del piano triennale 2019-2021 presentato per la Ricerca di Sistema Elettrico, sta portando avanti numerose linee di attività che mirano alla realizzazione e validazione, su scala di laboratorio, di quattro processi innovativi potenzialmente più efficienti dell'elettrolisi alcalina e PEM o in grado di essere alimentati con fonti energetiche diverse. In particolare, le tecnologie considerate sono l'elettrolisi AEM, l'elettrolisi del vapore in carbonati fusi, i cicli termochimici di water splitting e il reforming del biogas a bassa temperatura. In passato, l'elevato costo dell'energia prodotta da fonte rinnovabile era considerato come il principale deterrente per lo sviluppo dell'economia dell'idrogeno. Con la rapida decrescita del costo di produzione da fotovoltaico ed eolico (meno 80% dal 2010 al 2018 per il fotovoltaico in Italia; fonte: IRENA), che ormai, in diversi contesti, risultano competitivi o addirittura più economici dei sistemi basati su fonti fossili, risulta evidente che le sfide da affrontare sono oggi di altra natura.
L'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA) ha individuato tre principali categorie di problemi da risolvere affinché l'idrogeno assuma effettiva mente un ruolo da protagonista nei sistemi energetici. In primoluogo c'è l'incertezza politica e tecnologica: attualmente molte applicazioni per l'idrogeno verde non sono competitive senza supporto pubblico e in assenza di impegni chiari, vincolanti e di prospettiva ragionevolmente lunga da parte dei Governi; lo sviluppo di progetti innovativi potrebbe quindi non essere sufficientemente attrattivo dal punto di vista finanziario. In secondo luogo, vanno affrontate la complessità della catena del valore e la necessità di sviluppo di un'infrastruttura adeguata per il trasporto e la distribuzione. Infine, è necessaria la definizione di regolamentazioni e standard condivisi ed accettati a livello internazionale. È chiaro che la soluzione di questi problemi può essere trovata solo attraverso un sforzo condiviso e coordinato tra diversi Paesi e settori produttivi.