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La rivoluzione dell'anidride carbonica supercritica nella pastorizzazione e sterilizzazione alimentare e biomedica

L'industria alimentare e biomedica sono alla continua ricerca di processi innovativi e sostenibili per aumentare la sicurezza e la durabilità dei prodotti, senza comprometterne la qualità. In questo contesto, il gruppo di ricerca Superunit dell' Università degli Studi di Padova, coordinato dalla professoressa Sara Spilimbergo, sta portando avanti da 20 anni studi all'avanguardia sui processi di pastorizzazione, essiccazione e sterilizzazione sfruttando le peculiari proprietà e caratteristiche dell'anidride carbonica allo stato supercritico (sc-CO2).

LE PROPRIETÀ DELL'ANIDRIDE CARBONICA SUPERCRITICA
L'anidride carbonica allo stato gassoso è ampiamente utilizzata nell'industria alimentare per molteplici applicazioni, ad esempio per rendere frizzanti bibite o per il controllo della proliferazione microbica negli alimenti confezionati in atmosfera modificata.

Altre proprietà interessanti possono essere sfruttate quando è allo stato supercritico, condizione alla quale le sue proprietà sono intermedie tra quelle della fase liquida e gassosa.

Lo stato supercritico dell'anidride carbonica viene raggiunto a temperature superiori ai 31.1°C e pressioni oltre 73.3 bar. A queste condizioni la CO2 acquisisce una densità simile a quelle di un liquido ma con la diffusività e la viscosità di un gas. Queste caratteristiche rendono la CO2 supercritica particolarmente interessante per diversi processi industriali, tra cui quelli alimentari e biomedici.

LA PASTORIZZAZIONE CON CO2 SUPERCRITICA
Tradizione vs Innovazione
La pastorizzazione tradizionale, ampiamente utilizzata nell'industria alimentare, viene effettuata tramite l'uso del calore con temperature che raggiungono i 100°C. Tali temperature assicurano l'abbattimento della carica microbica, ma risultano proibitive per molti alimenti, soprattutto quelli freschi, compromettendone le qualità organolettiche e nutrizionali.

L'utilizzo dell'anidride carbonica supercritica permette di inattivare alcuni microrganismi, tra cui i patogeni, senza la necessità di superare i 45°C, soglia di denaturazione di diversi principi nutritivi contenuti negli alimenti. Pastorizzare un alimento a temperature inferiori a 45°C permette di preservare le proprietà organolettiche originali del prodotto trattato.

Il Processo
Il processo di pastorizzazione con sc-CO2 è stato esplorato per molti anni ed applicato sia a prodotti liquidi che solidi. Esso prevede l'utilizzo di un recipiente in acciaio in grado di resistere fino a pressioni di 200 bar, nel quale viene posto l'alimento solido e successivamente pressurizzato con anidride carbonica.

Il controllo dei parametri di processo fondamentali, principalmente pressione, temperatura e tempo, permettono la diminuzione
della concentrazione di microorganismi e/o enzimi presenti nell'alimento, principale causa della breve conservabilità dei prodotti.

Una volta subito il trattamento, il prodotto viene confezionato, fase critica del ciclo di produzione di un prodotto. L'operazione di confezionamento post processo infatti, comporta la possibilità di contaminazioni che renderebbero vana la pastorizzazione, diminuendo la sua sicurezza.

Questo rischio rappresenta uno dei maggiori limiti della tecnologia, mai utilizzata a livello industriale.

Innovazione brevettata: sc-CO2MAP
Per superare il rischio di contaminazione post-processo, il gruppo di ricerca Superunit ha brevettato nel 2018 un nuovo metodo, qui denominato sc-CO2MAP (IT20170098045A1) per la pastorizzazione di prodotti solidi preconfezionati sia di origine animale che vegetale.

Il processo mira ad aumentare la sicurezza e prolungare la shelf-life di prodotti alimentari freschi, preservandone il più possibile le caratteristiche organolettiche-sensoriali e nutrizionali. Il processo, illustrato in figura 1, consiste nel confezionare l'alimento in un'atmosfera modificata prevalentemente composta da CO2 e successivamente inserirlo all'interno di una camera di pastorizzazione.

Il prodotto viene quindi pressurizzato, attraverso l'utilizzo di un fluido di servizio (acqua).
In questa fase, la CO2 contenuta all'interno della confezione raggiunge lo stato supercritico, inattivando così sui microorganismi
presenti sull'alimento. L'ottimizzazione del processo per ogni singolo prodotto, permette di trovare i parametri ottimali per garantire sia la sicurezza microbiologica sia la qualità organolettica.

In questo modo, il risultato è un prodotto pastorizzato e confezionato, pronto per essere cucinato (Ready to cook, RTC) o consumato direttamente (Ready to eat, RTE), senza la necessità di ulteriori confezionamenti, evitando così eventuali contaminazioni e l'utilizzo di costose camere bianche.

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Fonte: La Termotecnica giugno 2024
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