Gli impianti per la gestione di tali quantitativi, come spiega Yoshinori Suga vice direttore del dipartimento per la gestione dei rifiuti del Ministero dell’Ambiente, sono di piccola taglia (700 tonnellate/anno) e se in Italia il combustibile da rifiuto viene prodotto e utilizzato sotto forma di fluff, in Giappone il combustibile subisce un processo di pellettizzazione. Nello specifico, il combustibile utilizzato negli impianti giapponesi si chiama ‘Refused Paper & Plastic Fuel’ (RPF) che altro non è che un combustibile solido ottenuto, a valle della raccolta differenziata, da rifiuti industriali quali principalmente la carta e la plastica con un alto contenuto calorifico, che di fatto lo rende un’ottima alternativa al carbone.