Non dobbiamo guardare a Industria 5.0 come a un'altra rivoluzione industriale in senso stretto, piuttosto a una correzione di rotta, un tentativo di superare i limiti di Industria 4.0. Il tema di fondo è quello di mettere l'individuo, l'ambiente e la società nel suo insieme al centro della nuova trasformazione digitale dentro e fuori le fabbriche.
Come Industria 4.0 è stata una risposta dell'industria europea alla crisi globale del 2008, un piano politico-tecnologico per ammodernare le fabbriche, così il modello Industria 5.0 è alimentato dalla necessità di rimettere l'uomo al centro, di renderlo protagonista, non subalterno alla tecnologia né impreparato a gestirla. Con motivazioni diverse se ne sono accorti e hanno iniziato a parlarne le istituzioni giapponesi a partire dal 2016 con il concetto di Società 5.0.
A metà degli anni '10 diversi studiosi dell'Europa Nord Orientale sono stati i primi a parlare espressamente di Industria 5.0 mettendo l'enfasi sui temi green e sull'economia circolare. Negli Stati Uniti imprenditori influenti come Elon Musk di Tesla e Mark Benioff di Salesforce hanno evocato una quinta rivoluzione industriale per far fronte all'eccessiva automazione e digitalizzazione applicate senza una guida etica e un significato sociale. Nel 2020 l'Unione europea con il documento "Industry 5.0 - Towards a sustainable, human-centric and resilient European industry" ha offerto un indirizzo più chiaro a questo paradigma.
Le differenze
La società di consulenza globale Frost & Sullivan ha identificato cinque cambiamenti chiave nel passaggio da Industria 4.0 e Industria 5.0: customer experience, iper personalizzazione, supply chain reattiva e distribuita, prodotti interattivi, ritorno della manodopera nelle fabbriche. In particolare la produzione 4.0 è caratterizzata da personalizzazione di massa e prodotti intelligenti, mentre con Industria 5.0 saranno protagonisti la personalizzazione con "tocco umano", la creatività e i prodotti interattivi.
Centrale è anche il concetto di fabbrica: intelligente nel 4.0 (smart factory), cooperativa nel 5.0 (collaborative industry). C'è poi il tema della formazione e dell'organizzazione del lavoro: la componente remota è forte in entrambi i modelli, ma nel 5.0 la presenza umana assume un valore rafforzato. Non va poi trascurato lo scenario energetico, decisamente più orientato ai modelli bioeconomici, alle energie rinnovabili e all'efficienza energetica con Industria 5.0.
Le tecnologie
Le tecnologie abilitanti sono sostanzialmente le stesse di Industria 4.0 (IoT, Cloud, Big Data, Additive Manufacturing, Realtà Aumentata, Digital Twin, ecc.), sebbene Intelligenza Artificiale, Robotica Collaborativa e interfaccia uomo-macchina caratterizzino maggiormente il modello 5.0. Ma ad avere un ruolo chiave nel passaggio da 4.0 a 5.0 sono soprattutto le cosiddette tecnologie di transizione. In buona parte basate su machine learning e ingegneria del software (sistemi ad agenti cognitivi, web semantico, intelligenza autonoma) e in parte basate sulla convergenza di materie interdisciplinari (evergetica, problem solving, teoria dei giochi, strategie di apprendimento).
Queste discipline sono la parte scientificamente più interessante di Industria 5.0 e dovrebbero essere gli acceleratori di questa transizione tecnologica, anche se ora è presto per valutarne le piene potenzialità, soprattutto in un quadro socioeconomico caratterizzato da molte incertezze.
Il Piano Transizione 5.0
Seppure collegati e usati spesso come sinonimi sono due concetti differenti. Industria 5.0 è una trasformazione industriale e modello di impresa in cui uomo e macchina cooperano con il fine ultimo di fornire valore aggiunto alla produzione rispettando l'ecosistema, le esigenze dei consumatori e il benessere sociale.
Transizione 5.0 è un piano di incentivi fiscali messi in campo dal governo italiano per agevolare la trasformazione digitale e il risparmio energetico a partire dal 2024.
Come per il Piano Transizione 4.0, anche per Transizione 5.0 l'agevolazione fiscale è riconosciuta a tutte le imprese operanti sul territorio nazionale, senza distinzioni relative alla dimensione aziendale, alla forma giuridica o al settore di appartenenza. L'unico requisito di accesso è la realizzazione di progetti di innovazione finalizzati alla riduzione dei consumi energetici.
Sono escluse dal beneficio le imprese in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa e concordato preventivo. Sono escluse anche le imprese destinatarie di sanzioni interdittive ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
Per poter usufruire del credito d'imposta, i progetti d'investimento devono includere l'acquisto di beni materiali e immateriali nuovi che siano:
strumentali all'esercizio d'impresa di cui agli allegati A e B annessi alla legge 11 dicembre 2016, n. 232;
interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura;
finalizzati ad una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva non inferiore al 3% o, in alternativa, ad una riduzione almeno del 5% dei consumi energetici dei processi interessati dall'investimento.
Gli incentivi
L'incentivo è riconosciuto sotto forma di credito d'imposta con l'applicazione di una aliquota variabile sulla base dell'importo dell'investimento e della quota di risparmio energetico conseguito.
Per investimenti fino a 2,5 milioni dal 35% al 45%
per investimenti tra 2,5 e 10 milioni dal 15% al 25%
per investimenti tra 10 e 50 milioni dal 5% al 15%
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