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In vigore la direttiva "Case green"

Con 2/5 del consumo energetico dell'UE e più di 1/3 dei gas climalteranti globalmente immessi nell'atmosfera, gli edifici del Vecchio Continente costituiscono un asset fondamentale per attuare la transizione ecologica (1). Basti pensare che gli immobili nuovi o ben ristrutturati assorbono circa 1/10 di quelli meno efficienti per comprendere e apprezzare la valenza dell'edilizia come driver di uno sviluppo sostenibile a tutto campo, ambientale, economico e sociale.

Un settore le cui potenzialità sono ben note da tempo si può dire immemorabile.

"Quand le bâtiment va, tout va" disse al proposito nel 1850 Martin Nadaud, un deputato francese di Creuse (Nuova Aquitania), riconoscendo nell'edilizia il principale motore dello sviluppo in grado di trainare e far crescere il resto dell'economia.

Per tali ragioni sull'edilizia e sull'efficienza energetica del comparto gli Stati Membri e la Commissione Europea sono intervenuti ripetutamente con provvedimenti rimasti talora sulla carta, per lo meno in parte.

A partire in Italia dalla famosa legge 373/76, tesa a limitare sotto i 20°C la temperatura degli ambienti riscaldati degli edifici civili. Il provvedimento, chiamato banalmente legge dei venti gradi, era in realtà molto innovativo, articolato e complesso, varato in attuazione del PEN '75 (Piano Energetico Nazionale), adottato per fronteggiare la crisi energetica del tempo, conseguente alla guerra arabo israeliana dello Yom Kippur di fine '73 (2).

Un percorso proseguito poi lentamente e timidamente, che i lettori ben conoscono e che ha segnato ora, dopo mezzo secolo, una tappa fondamentale con la pubblicazione nella GUUE serie L dell'8 maggio della direttiva 24/4/2024 n. 2024/1275 sulla prestazione energetica dell'edilizia, cosìdetta "Case green".

L'approvazione da parte del Parlamento Europeo era avvenuta, con scarsa convinzione, il 12 marzo, con 370 voti favorevoli, 199 contrari 46 astenuti.

Dando via libera, così, dopo un anno di trattative, al testo finale del provvedimento della "Energy performance of building directive (Epbd)", approvato definitivamente dall'Ecofin (Consiglio Ue Economia e Finanza) il successivo 12 aprile con 20 voti su 27, Italia contraria. La direttiva, 38 articoli con 10 allegati, è entrata in vigore pochi giorni fa, il 29 maggio, i Paesi membri hanno due anni di tempo per recepirla nel diritto nazionale e con la scadenza del termine risulterà abrogata la precedente 2010/31 del 19 maggio 2010 sulla prestazione energetica nell'edilizia, quindi a decorrere dal 30/05/2026 (3).

Come di consueto la Commissione Europea (CE) ha il compito di monitorare l'attuazione della direttiva e di riesaminarne il disposto entro il 2028. Il provvedimento stabilisce una riduzione progressiva delle emissioni di gas serra e dei consumi energetici nell'edilizia, in modo da raggiungere nel 2050 la neutralità climatica del patrimonio edilizio europeo.

I PIANI NAZIONALI DI RISTRUTTURAZIONE
La misura più significativa, e anche risolutiva, frutto di un compromesso faticosamente raggiunto, è l'obbligo della ristrutturazione energetica degli edifici esistenti.

Stabilisce al proposito che ogni Stato membro adotti un piano realistico, ovvero che tenga concretamente conto delle
capacità industriali e imprenditoriali, comprensivo di facilitazioni che favoriscano l'accesso a finanziamenti opportunamente previsti.

Un "Piano Nazionale di Ristrutturazione - PNR" che deve assicurare l'adeguamento del parco edilizio, residenziale e non residenziale, sia pubblico che privato, in modo tale da efficientare e decarbonizzare il patrimonio immobiliare entro il 2050, trasformandolo in edifici a emissioni zero.

I PNR devono essere trasmessi alla Commissione europea entro il 31 dicembre 2026 (allo scopo l'allegato II alla direttiva fornisce un "modello" per la stesura dei piani, comprensivo di indicatori specifici, obbligatori e facoltativi) e contenere una tabella di marcia che indichi la contrazione progressiva del fabbisogno energetico degli edifici nei termini che seguono.

Per gli edifici residenziali esistenti deve essere garantita una riduzione media del consumo di energia primaria, rispetto al 2020 (anno a partire dal quale devono essere fissati i target), di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035.

Per gli edifici non residenziali esistenti, gli Stati Membri devono stabilire requisiti minimi di prestazione energetica che siano rispettati da almeno il 16% degli edifici entro il 2030 e da almeno il 26% entro il 2033.

Successivamente gli Stati dovranno assicurare un calo progressivo del consumo medio di energia primaria fino al 2050, coerente con l'obiettivo di trasformare il patrimonio immobiliare europeo in un parco a emissioni zero a tale data. I Paesi potranno decidere quale sarà la tipologia degli edifici esistenti interessati dalle misure, garantendo però che almeno il 55% della riduzione del consumo medio di energia sia ottenuto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le peggiori prestazioni, quelli più energivori.

Quanto agli edifici di nuova costruzione la direttiva dispone che tutti i nuovi edifici residenziali e non residenziali dovranno avere zero emissioni "in loco" di combustibili fossili. Questo a partire dal 1° gennaio 2028, per gli edifici di proprietà pubblica, e dal 1° gennaio 2030, per tutti gli altri nuovi edifici, con possibilità di specifiche esenzioni.

Articoli tecnico scientifici o articoli contenenti case history
Fonte: La Termotecnica giugno 2024
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