- Necessità di una diversificazione del portafoglio energetico
- Surriscaldamento globale per effetto di anidride carbonica
- Indicazioni della comunità scientifica e politica
- Caratteristiche di biomasse
- Conclusioni
Necessità di una diversificazione del portafoglio energetico
In aggiunta alle principali sfide nel campo della medicina, e ciò indipendentemente dalla recente crisi pandemica, uno dei più importanti settori in cui la scienza e la tecnologia sono chiamate oggi ad operare è rappresentato dal soddisfacimento della "fame energetica globale" considerando, al tempo stesso, il rispetto del naturale equilibrio dell'ambiente.
Il nostro Pianeta conta ca. 8 miliardi di persone, con un consumo energetico complessivo pari a circa 630 EJ. Le fonti energetiche oggigiorno disponibili sono svariate, estendendosi da quelle fossili (dal latino "fodere"=scavare, estrarre; carbone, petrolio, gas naturale) a quelle rinnovabili, come fonti derivate da biomasse, o basate su energia solare, eolica, idrica, geotermica, ecc.
Soprattutto nel breve e nel medio periodo, la soluzione migliore dal punto di vista socio-politico-tecnico-economico, ed ambientale, è puntare non ad una sola fonte energetica, ma ad una diversificazione del "portafoglio energetico" in dotazione a ciascuna comunità.
Infatti, oltre all'evidente necessità di transitare dall'insieme delle fonti fossili all'insieme di quelle rinnovabili, c'è da dire che ogni fonte rinnovabile presenta (oltre a chiari vantaggi) limiti e svantaggi, quindi nessuna, da sola, può rappresentare la soluzione alla questione.
I limiti intrinseci legati alle fonti rinnovabili sono, ad es.: intermittenza di sole e vento e loro non omogenea distribuzione geografica, limitatezza delle possibilità idriche e geotermiche (discorso a parte verrà sviluppato più avanti per le biomasse).
Pertanto, il transito verso le fonti rinnovabili deve prevedere l'utilizzo del loro intero insieme, un approccio che appare come la soluzione più efficace per contrastare l'impiego dei materiali fossili. La Figura 1 riporta i dati forniti nel World Energy Outlook (2021) [1], pubblicato da International World Energy Agency (dati elaborati da Tabella A.1a, World Energy Supply).
Il genere umano soddisfa il suo fabbisogno energetico basandosi, per circa l'80%, ancora sulle tre fonti fossili ("dangerous abundance": le fonti fossili sono ancora abbondanti ed economicamente convenienti, e questo a detrimento dell'ambiente).
Il 16% è ad appannaggio delle fonti rinnovabili, e il resto si basa su energia nucleare. Si osserva quindi la necessità di lavorare verso l'obiettivo di un deciso aumento, su scala mondiale, dell'impiego della quota rinnovabile rispetto a quella fossile.
Surriscaldamento globale per effetto di anidride carbonica
L'idea che le concentrazioni di gas come CO2 possano influenzare la temperatura terrestre non è nuova. Lo intuì già il chimico e fisico svedese Svante Arrhenius (Nobel per la chimica nel 1903) alla fine dell'800.
Per fare un esempio, le emissioni globali antropogeniche di anidride carbonica sono aumentate da ca. 22 Gton (1990) a ca. 36 Gton (anno 2021), ossia >60% in circa 30 anni, come si può osservare nel grafico fornito dalle Nazioni Unite (The Sustainable Development Goals Report 2022) in Figura 2 [2].
Benché sia vero che le variazioni della concentrazione di CO2 in atmosfera sono ciclicamente sempre esistite (a seguito delle variazioni del flusso di energia solare, e dell'alterazione dell'orbita terrestre), la linea di massimo storica non ha mai superato, lungo le ere, il valore fisiologico di ca. 280 ppm.
L'eccedente è evidentemente causato dall'attività antropica: il genere umano non ha mai fatto esperienza di valori di concentrazione di anidride carbonica in atmosfera così elevati come quelli odierni.
Più in dettaglio, all'inizio della rivoluzione industriale (anno ca. 1760), la concentrazione di CO2 in atmosfera non eccedeva il valore-soglia di 280 ppm, e tale è il valore stimato (mediante carotaggi polari) anche intorno all'anno 1000 d.C. Si tratta cioè del valore fisiologico prima riferito.
Ad oggi, la concentrazione in atmosfera di anidride carbonica ha invece superato 400 ppm (vengono rilevati valori anche tra 415 e 420 ppm, dati dell'Osservatorio di Mauna Loa, Hawaii, quota di circa 3400 m). Queste elevate concentrazioni, come è noto, determinano effetti clima-alteranti (global warm(n)ing).
Maggiore temperatura (oggi, ca. +1.1°C rispetto al 1850) significa maggiore energia in atmosfera, esaltando quindi fenomeni quali cicloni, alluvioni, siccità, ecc. Si segnalano inoltre desertificazione, impoverimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari, riduzione delle terre emerse.
La maggiore concentrazione di CO2 in atmosfera determina anche una maggiore acidità degli oceani, alterandone l'ecosistema. Vi sono infine le questioni legate ai c.d. rifugiati climatici (persone costrette a migrare verso zone relativamente più sicure, per gli effetti dei cambiamenti climatici che rendono non sostenibili le condizioni di vita nei Paesi di provenienza) con annessi aspetti socio-storici, etici, economici e geo-politici.
L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) stima che circa 700 milioni di persone entro il 2030 saranno interessate da questo fenomeno.
Indicazioni della comunità scientifica e politica
I principali Paesi affrontano annualmente le questioni climatiche globali in c.d. "Conference of the Parties, COP" (Figura 3), con dichiarazioni a volte blande, altre volte più nette, certamente di valore scientifico, ma in passato mai veramente risolutive a causa dei diversi interessi/veti in gioco dei Paesi rappresentati.
COP3 (Kyoto, 1997) è stata una delle conferenze più importanti, anche se rivolta solo a pochi Paesi (e comunque gli USA non aderirono, e Russia, Canada e Giappone si ritirarono).
Un recente incontro rilevante è stato COP21 (Parigi, 2015), dove si è deliberato di contenere l'incremento di temperatura mondiale a non più di 1.5°C rispetto all'anno 1850, per evitare conseguenze non più governabili per il genere umano. Man mano, negli anni, le indicazioni della comunità scientifica si fanno sempre più definite e stringenti/vincolanti.
Al tempo stesso, drammatiche crisi geo-politiche come quelle attuali possono mettere in seria discussione gli accordi presi. I punti cardine (per la mitigazione dell'effetto serra e per la riduzione della produzione in atmosfera di gas clima-alteranti come anidride carbonica) sottolineati dalla comunità scientifica e politica sono sostanzialmente tre:
1) maggiore efficienza energetica,
2) maggiore uso di fonti rinnovabili,
3) cattura di CO2 (ad es., mediante processi di "looping chimico" a base di liquidi come nel caso dell'assorbimento reattivo, oppure a base di solidi contenenti calcio come nel caso dell'adsorbimento reattivo).
In un recente studio [3] a partire da dati ONU e in linea con gli "Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile", si è osservato quanto segue:
- I Paesi a maggior consumo energetico (pro-capite) beneficiano di un reddito nazionale lordo (pro-capite) maggiore, ed emettono (pro-capite) più CO2.
- Sono, essi, anche i Paesi con miglior indice di sviluppo umano (che misura le tre dimensioni fondamentali dello sviluppo umano: salute, conoscenza, e standard di vita).
- Questi aspetti sono legati da chiare relazioni quantitative, che dimostrano in modo solido gli aspetti qualitativi appena enunciati.
- I Paesi più avanzati hanno il dovere socio-etico, e storico-politico, di sviluppare strategie per la salvaguardia ambientale.
In allegato, è possibile scaricare il pdf completo dell'articolo, che comprende anche il paragrafo sulle caratteristiche di biomasse e le conclusioni.