Emergono dati preoccupanti dall'ultimo report ENEA sulla povertà energetica in Italia.
Oltre 2,3 milioni di famiglie, concentrate per la maggior parte al Sud, hanno difficoltà ad accedere a beni e servizi energetici per questioni di reddito. In parole semplici, redditi bassi e case inefficienti dal punto di vista energetico comportano bollette elevate, che non tutti riescono a pagare.
S.O.S. Povertà energetica al Sud
Le persone o famiglie in povertà energetica, secondo La Strategia Energetica Nazionale (SEN) del 2017, sono quei nuclei con difficoltà ad acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici. Famiglie che, in termini di spesa di reddito, si trovano in condizioni tali da non poter accedere ai servizi minimi di luce e gas (o che trovano arduo stanziare risorse economiche da destinare all'attivazione di offerte luce e gas).
La situazione italiana a proposito della povertà energetica è allarmante. Dall'ultimo report ENEA, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, emerge che oltre 2, 3 milioni di famiglie residenti perlopiù al Sud non riescono a far quadrare il bilancio e a pagare le bollette.
Questione di reddito basso e di abitazioni inefficienti dal punto di vista energetico. A metterci lo zampino però è anche il costo dell'energia, non per tutti arrivabile e sostenibile.
Vero: da una parte ci sono il bonus luce e gas, l'Ecobonus e il Superbonus al 110%. Forniscono agevolazioni fiscali e consentono di risparmiare sulle bollette o sugli interventi di efficientamento. Tuttavia in base ai dati fornita da ENEA, il quadro italiano è preoccupante.
Fra il 2016 e il 2018 il fenomeno ha colpito circa 40mila famiglie in più.
L'incremento è dello 0,1% l'anno che, in valori assoluti, equivale all'8,8% a livello nazionale.
Le famiglie del Sud sono le più colpite, sopratutto i nuclei con oltre cinque componenti, quelli dove il capofamiglia ha meno di 35 anni e quelli guidati da donne ultracinquantenni.
Il rischio povertà energetica riguarda in particolare i residenti nelle regioni Campania, Calabria e Sicilia, dove al 2018 il fenomeno ha colpito tra il 13% e il 22% della popolazione.