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Strategia e incentivi per l'idrogeno e la transizione energetica

Editoriale a cura di Saro Capozzoli, fondatore H2 Energy Srl

La strategia europea per la transizione energetica porterà le aziende del settore a decuplicare la produzione di elettrolizzatori entro i prossimi tre anni.
A fronte di questa sfida, per poter rispettare gli obiettivi che la stessa Europa si è posta, è necessario poter definire nei dettagli una politica industriale e tutte le normative a supporto, incluso gli incentivi e l'accesso ai finanziamenti, e favorendo le filiere di settore efficienti, ma che vadano anche al di là della frammentazione territoriale caratteristica dell'Italia.

In un recente meeting organizzato a Bruxelles da Hydrogen Europe e dalla Commissione Europea, presenti i grandi produttori di elettrolizzatori industriali, si è definita la roadmap europea che prevede una produzione di idrogeno da fonti rinnovabili pari a 10 mln di ton/anno (cui si aggiungerebbero altre 10 mln di ton d'importazione): alle stime attuali, questo richiederebbe una capacità installata di elettrolizzatore in Europa pari almeno a 90-100 GW entro il 2030. Un programma ambizioso che però non potrà essere rispettato, specialmente in Italia, se le concessioni dei nuovi siti di produzione di energie rinnovabili (solare ed eolico in particolare) non venissero approvate in tempi ragionevoli.

Questo tema ha rafforzato la necessità di incrementare lo sviluppo della produzione di energia prodotta con il nucleare di ultima generazione, con tempi di realizzazione più brevi del passato. Pensare di utilizzare solo il solare in Italia per rispondere a tutte le nostre esigenze, vorrebbe dire ricoprire il 20% della superficie del paese di pannelli, cosa ovviamente non sostenibile.

La produzione di idrogeno rosa dal nucleare si profila quindi sempre di più una esigenza, piuttosto che una scelta. Mentre la produzione globale di elettrolizzatori dovrà crescere esponenzialmente entro il 2030 per soddisfare la domanda internazionale di idrogeno verde, attualmente il 40 per cento di questi macchinari viene prodotto in Cina.

Gli elettrolizzatori cinesi non sono considerati tuttavia molto efficienti, ci sono circa centoquaranta produttori emersi negli ultimi tre anni sull'onda delle prospettive di mercato, ma solo alcuni di questi li ritengo avere veramente tutte le carte in regola (prestazioni, certificazioni ecc.) ed essere in grado di affrontare i mercati occidentali.

In questo scenario anche gli Stati Uniti, con il varo dell'Inflation Reduction Act, la legge da 369 miliardi di dollari di stimolo per la manifattura statunitense, prevede lo stanziamento di fondi pubblici per la produzione di idrogeno.

E' per questo che l'Europa dovrebbe fare chiarezza e programmare urgentemente non solo regole e obiettivi, ma anche investimenti e incentivi per stimolare la manifattura di elettrolizzatori.

Intanto i produttori cinesi stanno erodendo il vantaggio tecnologico di noi produttori europei e di quelli statunitensi con i loro elettrolizzatori alcalini che però, a fronte di un costo nettamente inferiore, non garantiscono ancora efficienze maggiori, bassi costi di conduzione, flessibilità operativa e durata. In occidente, la gran parte dei produttori si sta focalizzando maggiormente su sistemi a membrana a scambio protonico (PEM), più costosi ma anche più efficienti ed affidabili.

Ritengo sia importante e urgente, allora, il tema di come mantenere la leadership di settore dei produttori occidentali cominciando al più presto, ad esempio, a seguire modelli come quello degli Stati Uniti, che ha già concesso crediti d'imposta per l'idrogeno verde (ancora costoso) fino a tre dollari al chilo.

La Commissione europea potrebbe quindi seguire l'esempio americano e sostenere la produzione comunitaria di idrogeno rinnovabile con una apposita "banca" da tre miliardi di euro e si parla già di un incentivo pari a tre euro al chilo.

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Fonte: Editoriale a cura di Saro Capozzoli, fondatore H2 Energy Srl
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